Vedi, Lė, la devi staccare così, dal colletto…così la pianta po’ ricrescere…
No,no, non così! Le togli le radici, le fai male, piccinina!”
Ho dieci anni, suppergiù. Nel campo assolato fa un caldo tremendo.
Zia Mary, col fazzoletto di raso al collo e la camicia azzurra con le maniche arrotolate, mi scosta con le mani sporche di terra.
Non devi tirare, devi tagliare… ”
Nelle sue mani c’è un coltellino affilato, la punta infilata tra terra e sassi.
Ha i capelli biondi e mani forti e callose, zia Mary. Mani da figlia di un mugnaio prima, di sarta poi, di fungaiola sempre.
Le osservo in silenzio mentre recide con un taglio netto il parlasone, ormai martoriato, che avevo provato a scalzare.
Ecco, vedi questo l’è bbono in insalata, ma solo prima che fiorisca. C’ha un saporino…
E questa costì, invece, co’ ‘sti fiori viola…bella, no?
Ecco, questa si fa in tisana…la dò al mi’ marito, gli fa bene ai’ pipi… – ridacchia da sola – Eh? Perché? beh… te lo spiego quando sei più grande…
Scoprii anni dopo, quando non era più in grado di raccontarmelo, che quella pianta si chiamava malva e che è perfetta per contrastare la prostatite.
Ah, piglia anche il pisciacane! Mandò, sciorna, non c’hanno pisciato davvero… l’è un modo di dire.
Il tarassaco ha una corolla di fiori gialli e uno stelo possente per la sua stazza. Di lì a qualche settimana creerà una palla di semi leggerissimi e volanti, un soffione, pronto ad abbandonarsi al vento per fecondare terreni lontani. Li aspettavo tutta l’estate, per raccoglierli e soffiarci sopra esprimendo un desiderio.
– E quando invece ti raggiunge un semino, zia?
– Allora è il pensiero di qualcuno lontano.
Non sono cresciuta con una strega.
Zia Mary andava in montagna tutte le mattine e in chiesa tutti i pomeriggi, ponendo uguale devozione in entrambe le attività.
Una volta le chiesi perché di questa mescolanza di sacro e profano.
Mah, che ti devo dire… l’è giusto così. Tanto il concetto è lo stesso.
Non ho ricevuto in dono nessun libro delle ombre.
Semmai alcuni quaderni sbiaditi di ricette, con la carta gialla a quadretti, macchiati di sugo e marmellata di pere.
Non mi hanno insegnato a festeggiare i sabba.
A San Giovanni si andava a raccogliere l’iperico e le noci per fare il liquore. E qualche giorno prima di Natale, si accendevano grandi fuochi – pire di tronchi enormi- per celebrare, tra un Padre Nostro e un’Ave Maria, il ritorno della luce ed esorcizzare l’inverno.
Cara la mia Amiata, piccolo covo di montanari dove la chiesa ha inglobato tradizioni antiche senza cancellarle del tutto.
Nessuno mi ha mai insegnato quali fossero le ore magiche adatte per creare i talismani.
Ma la mattina prima dell’alba, quando la nebbia ancora benediva la terra con la sua coltre, ho imparato a raccogliere funghi e tartufi.
L’odore della terra bagnata, del bosco ancora addormentato, delle foglie di castagno cadute per terra, quello non lo dimenticherò mai.
Gli incantesimi, se così si possono chiamare, quelli li ricordo.
Zia Mary preparava il pane e recitava una preghiera per farlo lievitare.
Quando le notti d’inverno coprivano di un soffice manto il paese, lei andava a raccogliere per me una tazzina di neve fresca e la macchiava con una goccia di caffè e zucchero.
Mangia lè, mangia, che così cresci bene.
Quando faceva i massaggi alle gatte gravide, perché partorissero bene. Non ho mai visto un gattino morto.
Mi ha curato qualsiasi tipo di malanno con frizioni con l’alcool etilico, cucchiai di miele e impacchi d’argilla.
Ancora oggi mi chiedo come abbia fatto a sopravvivere, e forse la vera Magia sta proprio lì.
A distanza di quasi vent’anni, tornando tra quelle mura di pietra stanche e silenziose, mi chiedo cosa di lei sia rimasto lì.
Allora annuso l’aria piena di ricordi e mi viene un sorriso dolce, perché sono sicura che zia Mary – che da pia donna, mai si sarebbe definita una strega – mi guarda e sghignazza.
E chiunque abbia trovato, là dov’è, sicuramente gli sta preparando gli gnocchi.
Se vuoi portare assieme a me un po’ di Magia nel mondo, condividi questo articolo.
Grazie di Cuore.
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